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contrada ospitale, che visitai peregrinando altre volte, ed ebbi altresì in animo di mostrare che io non aveva per guida in questa, come in ogni altra mia impresa, che l’amor santo d’Italia, e non mai un invidioso gareggiar di provincie. E qual v’ha terra fra noi più della toscana degna d’essere a tutti maestra? e d’onde i tempi eroici d’Italia, se non da quella? Quivi le chiese, i palazzi, le logge, le strade, i sepolcri attestano le glorie d’un gran popolo, primo d’ogni altro nella carriera delle virtù cittadine, negli ordini civili, nelle imprese di guerra, nelle arti della pace; qui vivono ancora i nipoti di quella forte generazione, che bagnava del suo sangue i colli di Monteaperti per l’independenza della patria, e diradava ad un tempo le tenebre dell’età del ferro coi canti d’una nuova poesia; qui le gentil famiglie, ed i nomi di que’ magnanimi, che tre secoli appresso stettero soli in campo contro tutta la sterminata possanza di Carlo, mentre Firenze si abbelliva per opera loro d’ogni più splendido monumento dell’arti; quivi in una parola riposano le sacre memorie dell’Italia moderna, come fra le rovine di Roma quelle dell’antica. E queste memorie non sono esse tutte nostre, e non sono forse come tali vantate