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dire quegli ha paura d’Iddio, e solo i malandrini hanno paura delle leggi.

Di questa differenza ebbi io una graziosa lezione in quella contrada, ove il popolo non potrebbe, volendo, errare nelle proprietà dei vocaboli, voglio dire nella Toscana. Un accidente m’obbligò ad arrestarmi per pochi momenti in Barberino, terra posta sulla via dei colli, che mette da Firenze a Siena; appena sceso dal legno si fece ad incontrarmi una gentil contadina profferendo con tutta modestia il suo ajuto: le pendeva dal collo un rosato fanciullo, ed io volendola pur ricambiare della sua cortesia, e sapendo quanto son tenere le madri de’ loro figliuoli, la ringraziai come seppi, poi le lodai il bimbo, e gli stesi la mano per accarezzarlo, ma egli stizzito mise un grido, e nascose il capo in seno alla donna; ne rimasi mortificato, e dissi: spiacemi d’avergli fatto paura; ma ella accortasi del mio rossore, e volendo scusare il fanciullo, rispose subito con bel garbo: è timore, non è paura. Io sfido tutti i filologi a far un complimento con maggior grazia della villana da Barberino.

Nei derivati timido e pauroso la differenza sfuma un po’ più, e divien meno sensibile a