Firenze Vece] da
Prima di venire a Firenze, Lodovico mandò in sua vece
il «marchese di Gallinella conte Cesare Ventura, cavaliere
Gran Croce del reale e distinto ordine di Carlo III, gentiluomo
di camera con esercizio, e consigliere del consiglio di
Sua Altezza Reale, il signor infante Duca di Parma, Piacenza
e Guastalla,» a prendere possesso in suo nome del regno
della Toscana, ricevendo nei modi soliti, gli omaggi e i giuramenti
consueti.
Ed il 2 agosto ebbe luogo in Palazzo Vecchio la solenne
cerimonia del giuramento al nuovo Sovrano, alla quale intervenne
]Iurat, e il JMagistrato civico fiorentino «come rappresentante
il soppresso Consiglio dei dugento.»
L’avvocato regio Tommaso Magnani, ed il luogotenente
del Senato Orlando Malavolti del Benino, ebbero l’audacia
di pronunziare all’indirizzo del nuovo re, in presenza del
suo mandatario marchese di Gallinella, con tutta la filastrocca
dei titoli alla spagnola, compreso quello di «gentiluomo di
camera con esercizio,» ipocrite e in quel momento in ispecie,
mendaci parole. Ecco quelle pronunziate dall’avvocato regio
Magnani, nel «favellare agli astanti, sulle lodi del passato
e del nuovo monarca.»
«Bene a ragione avete manifestati finora col profondo
vostro dolore, o clarissimi senatori, o fedelissimi cittadini, i
grati sentimenti di un cuore, che è troppo giustamente oppresso
dalla perdita dell’ottimo, dell’augusto Ferdinando III,
del Reale Granduca di Toscana, già vostro clementissimo
sovrano. Questo principe, destinato a governare e felicitare
altri popoli, principe magnanimo, giusto e benefico, doveva
ben risvegliare negli animi vostri i più teneri movimenti
d’amore e di gratitudine. Foste voi testimoni del di lui adorabile
carattere, e la Toscana tutta potè riconoscere in esso
quanto influisca alla felicità dei popoli, la saviezza, l’umanità,
la giustizia, del sommo imperante.
«La perdita però benché dolorosa, benché somma, va ad
ottenere nella risoluzione delle cose un efiìcace riparo.»
Con queste lacrime di coccodrillo si rimpiangeva un buon