48 Firenze Vecchia
gliare, anche lei, ha sempre avuto un cuor di Cesare, si rifiutò
recisamente di riconoscere per sovrano il re Lodovico; ed alla
intimazione di uniformarsi alle nuove disposizioni, ebbe il feg-ato
di rispondere con lettera del 7 agosto 1801 che «non
constando a lui della renunzia al Granducato di S. A. R.
Ferdinando III, Arciduca d’Austria e Granduca di Toscana,
qui (in Portoferraio) non si attendono, né, senza farsi rei di
ribellione in prima classe si possono attendere, gli ordini del
re d’Etruria sconosciuto al comando di Portoferraio.»
Conchiudeva poi dicendo: «Se mai costà piacesse, si pubblichi
pure che il Paviglione dell’Austriaco regnante è inamovibile
da questi posti; sappia ciascuno che vien protetto
da mano potente; che la Gran Brettag’na non ne permette
r abbassamento.»
E così Portoferraio stette apparentemente fermo per Ferdinando
III, in sostanza per l’Inghilterra, fino alla pace di
Amiens.
I nobili, che dispregiavano i patriotti, rimasti sino allora
nascosti in campagna, tiraron fuori le corna, quando sentiron
pronunziare di nuovo la dolce parola sovrano, tanto più
che di costui nessuno ne sapeva nulla.
Questo re balzato all’improvviso, generò lo scontento generale.
I veri liberali che non volevan sapere né di Ferdinando,
né di francesi né d’austriaci, né di Borboni, ma intendevano
solo di avere una grande patria italiana, furono contrariati
di quest’altro atto arbitrario del primo console, tanto
più che il nuovo sovrano d’Etruria veniva da «una schiatta»
così retrograda, da tornare indietro d’un secolo più che sotto
il Granduca.
Agli altri partiti dei francesi, degli austriaci e del nuovo
re, apparteneva tutta gente che era degna del dispotismo
straniero. I nobili e i preti erano i più fanatici per Lodovico
Borbone, poiché conoscevano le bigotterie del padre, ed erano
certi che il venire dalla Spagna dove l’autorità del re era il
solo diritto conosciuto, la canaglia, plebea sarebbe stata op