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Nuovi proclami e sempre nuovi governi 41


d’assise e nappe svariatissime, fregiati tutti di coccarde toscane, austriache, russe, pontificie e perfino della mezzaluna turca insieme agli scapolari con la Madonna e l’immagine dei Santi.

E così ce n’era per tutti i gusti!

La figura più grottesca era sempre quella dello zoccolante truccato da Pietro Eremita, cohe fingeva di morire sotto il peso d’un’enorme croce che appoggiava sulla coscia destra, e che poi si seppe esser di sughero!

Altri 2500 aretini, provenienti dal Pontassieve, entrarono da porta alla Croce urlando tutti e schiamazzando, con un diavoleto strepitoso.

Il primo atto del comandante Mari fu quello di imporre al Senato fiorentino l’ordine di ribassare subito il prezzo del pane e di tutte le vettovaglie.

Dopo tale ingiunzione, l’impavido guerriero Mari ordinò che venisse arrestato e rinchiuso nel Bargello, e quindi per intromissione dei parenti e degli amici, in Fortezza da Basso, Scipione Ricci, già vescovo di Pistoia, venuto in odio per le rivelazioni da lui fatte sulle nefandezze che si commettevano da certe monache di Pistoia e di Prato. Ma tanta era la stima che professava per il valoroso prelato «la gente illuminata ed onesta,» che anche l’arcivescovo ebbe a interessarsi della sua sorte. E per dimostrare che roba fossero gli aretini insorti al grido di Viva Maria, basta sentirlo dalla bocca stessa del vescovo Ricci, il quale, raccontando le sue sofferenze durante l’empia prigionia, così si esprime: «Io ho dovuto più volte gemere davanti a Dio per le orrende bestemmie e per le infami laidezze ch’ero costretto sentire continuamente, in modo che gli orrori della