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XXIX

Vita fiorentina


Vecchia impronta - Rimpianti inutili - La livrea della miseria - Pane fatto in casa - Giambattista Niccolini e la cameriera - Colazione, desinare e cena - Quanto costava il vino - Preghiere - Santa Maria delle Grazie - Le veglie invernali - I ciechi - Venditori ambulanti - In strada - Botteghe - Caffè - Il basso popolo, il mezzo ceto, la nobiltà e la corte - Il sarto Piacenti - Persone di servizio - Le «• cene notturne all’aria aperta:> — La carità del marchese Pietro Torrigiani - I biacchi del boia - Il beato Ippolito Galantini - Il buzzurro di Piazza Pitti - Una forma di cacio shrinze - Le vetture di piazza - I viaggi del conte Galli - Il cocchiere Cicalino - Il «Gobbo vinaio» - Carità regale - Il sale ai malati dello spedale - Il prato del Alonte alle Croci - Tipi originali.

Semplice, quasi patriarcale, era la vita dei vecchi fiorentini, e tale si mantenne fin verso la prima metà del secolo XIX.

Se tanta brava gente potesse tornare in qua, le parrebbe non essere più in Firenze, nel vedere cambiati gli usi e le abitudini, abbandonate vecchie tradizioni ed usanze che datavan da secoli, per introdurne delle nuove che non hanno nulla di speciale né di caratteristico come le antiche, e che sono invece comuni a tutti gli altri paesi. Firenze, come molte altre città, ha perduto la sua impronta; non somiglia più a sé stessa.

Questo direbbero i vecchi se tornassero: ma siccome ciò é impossibile, è quindi inutile rimpiangere ciò che non è più.

Sarà dunque bene descriverla, la vita fiorentina di quei tempi, perché almeno rimanga come memoria, e come curiosità.