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338 Firenze Vecchia

colta col più gran piacere dalla Corte napoletana, e il parentado fu stabilito. Il principe Don Tommaso Corsini ebbe da Leopoldo II la prova della stima in cui lo teneva, incaricandolo di recarsi a Napoli in suo nome a chiedere la mano della bellissima principessa: ed il principe, vero sig’nore in tutta la estensione della parola, vi si recò da par suo, facendo al tempo stesso onore al Sovrano ed allo Stato che rappresentava. Don Tommaso Corsini partì da Firenze alla metà di maggio del 1833; ed arrivato a Napoli, fu ricevuto dalla Corte con gli onori che gli si competevano come inviato del Granduca, e con la distinzione che egli meritava personalmente. Il contratto nuziale fu privatamente stipulato a Napoli il 21 di maggio; e due giorni dopo, il principe Corsini con grande cerimoniale si recò alla reggia per fare la chiesta formale della mano della principessa a nome del Granduca di Toscana. L’idea di garantirsi prima con la stipulazione del contratto, e far dopo la chiesta della mano, è piuttosto curiosa e anche un tantino napoletana. I due giorni che trascorsero fra la scritta matrimoniale e la cerimonia della domanda «formale» furono impiegati a preparare di comune accordo i discorsi, che tanto da una parte che dall’altra sarebbero stati pronunziati in quella occasione. Stabilita così la parte più importante di quella specie di commedia officiale, la mattina del 23 maggio Don Tommaso Corsini si recò solennemente al palazzo reale, ove fu ricevuto come un sovrano. Giunto quindi alla presenza del re Francesco I, gli rivolse il combinato discorso dicendogli che il Granduca di Toscana, suo Signore, lo aveva con «sommo onore» inviato presso S. ]M. onde chiederle la mano della sua augusta sorella. Fra i meriti che furon messi innanzi, vi fu quello che Leopoldo II nasceva dalla granduchessa Maria Luisa zia del re stesso; e che perciò, egli rammentando le virtù dell’augusta madre sua, le quali erano stateTesto in corsivo