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La festa della libertà e i frutti dell’albero | 23 |
tutta la città e banchetti all’aperto, con brindisi pieni d’entusiasmo e di fede in un avvenire di felicità, che non arrivò mai, per quanto il tempo passasse veloce come prima. Ma il fanatismo raggiunse quasi la pazzia; perchè un manipolo di facinorosi tentò perfino di buttar giù la statua di Cosimo I, legandovi dei grossi canapi col fine di atterrarla e farne tante monete da distribuirsi ai poveri. Questa barbarie fu impedita quasi per miracolo da un egregio cittadino che riuscì a persuaderli a desistere da quella insensata impresa. Sulla piazza di Santa Croce e di Santa Maria Novella ove era stato pure piantato l’albero, furon fatti balli pubblici, a cui presero parte molte donne del popolo, verso le quali i soldati si mostrarono amabili perchè avevan trovato i fiorentini «buoni e pacifici com’erano stati loro dipinti.»
L’albero non fruttò la desiderata libertà; fruttò invece trentasei suocere, e qualche altra cosa di peggio, come vedremo.
A forza di editti, di manifesti e di Nous voulons, non si può persuadere un popolo, specialmente scettico come il fiorentino, a credere a ciò che non è. Per conseguenza, ai cittadini amanti della vera libertà della patria, ed ai quali non era dispiaciuta la partenza del Granduca, rincresceva ora il fare altezzoso dei Nuvoloni, che venuti in sembiante d’amici dei liberali, spadroneggiavano e comandavano come se fossero entrati in Firenze per valor d’armi, e Firenze fosse una città di conquista.
Ed i contadini, poichè il contadino specialmente nelle rivoluzioni è stato e sarà sempre lo stesso, profittavano del malcontento, per varie ragioni generale, e la notte imbrattavano gli editti affissi in nome della repubblica e «attentavano» agli alberi della libertà, con l’idea di promuover sommosse per rilevarne il saccheggio!
Allora la buona e pacifica città fu percorsa da pattuglie di cavalleria francese, e da drappelli di fanteria per tutela degli alberi e dei manifesti, se non della libertà. Per maggiore sicurezza poi fu dal maire, non più gonfaloniere, ordinato di tenere un lume acceso per tutta la notte a coloro che