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I Francesi a Firenze 13


Finalmente nel pomeriggio comparvero alla spicciolata alcuni squadroni di cavalleria, che si dirigevano verso il centro della città, coi moschetti impugnati come se entrassero in un paese vinto per valore o per forza d’armi. Quindi si videro calare dalla scesa del Pellegrino, fuori di porta a San Gallo, diversi reggimenti di fanteria, preceduti da una turba di vagabondi, raccolti, strada facendo, dai paesetti e dai borghi di dove passavano.

Il grosso dei francesi entrò in Firenze preceduto da un branco di ragazzacci entusiasmati dalle manciate di soldi che Portabandiera francese via via buttavan loro gli ufficiali, perchè gridassero «morte ai codini!» come facevano, a perdita di fiato. Appena arrivati alla porta a San Gallo, fecero prigionieri i soldati della compagnia che era stata mandata di guardia, e li fecero portare disarmati in fortezza da Basso. Questo fu il primo saluto!

Dopo i guastatori e i tamburi, veniva la musica e la bandiera francese, seguita da una lunga fila di cannoni e di carriaggi. La fanteria era stata posta in coda per lasciare il maggiore effetto all’artiglieria, che suol persuadere più che i fucili.

Il popolo, che assisteva in scarso numero per le vie a quel nuovo spettacolo, non rispondeva alle grida di una turba di scioperati, che urlava e strepitava; ma guardava come intimorito quei soldati abbronzati dal sole, mezzi strappati, laceri, polverosi, che avevano tuttavia l’aria trionfale del conquistatore.

I più sdegnosi cittadini se ne stavano a veder gl’invasori, quasi di nascosto, dietro i vetri delle finestre, maledicendo alla stupida ragazzaglia, che per applaudire i francesi salutava loro col grido di «morte ai codini!»

In piazza della Signoria battezzata subito lì sul tamburo, col nome di «Piazza Nazionale» o anche di «Piazza d’Armi»