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I Francesi a Firenze 11

pevoli dinanzi al consiglio di guerra, ed il gastigo non sarebbe stato lontano dal delitto.» Questi proclami facevano un effetto magico sui partigiani dei francesi; e il Granduca temendo che gli avversari facessero nascere dei disordini, spinse la sua eccessiva bontà, fino a fare affiggere sulle cantonate di tutte le strade, un manifesto che annunziava l’arrivo delle truppe repubblicane. E quel manifesto, purtroppo, era così concepito:

«Noi, Ferdinando III Granduca di Toscana, ecc., ecc.
Nell’ingresso delle truppe francesi in Firenze, riguarderemo come una prova di fedeltà, d’affetto e di gratitudine dei nostri buoni sudditi, se secondando la nostra sovrana intenzione, essi conserveranno una perfetta quiete, rispettando le truppe francesi ed ogni individuo delle medesime, e si asterranno da qualunque atto potesse dar loro motivo di lamento. Questo savio consiglio impegnerà sempre più la nostra benevolenza a loro favore.

24 marzo 1799.

Ferdinando
Francesco Serrati
Gaetano Rainoldi.»


Verso mezzogiorno, furono anche affissi di nuovo e dispensati ai cittadini i due proclami del generale Scherer e del generale Gaulthier, il quale era alla testa delle truppe che stavano per entrare in Firenze per l’appunto in quel giorno che era Pasqua, recando l’olivo della pace sulla punta delle baionette.

La città aveva preso d’improvviso un aspetto di sgomento, quasi di terrore, come se fosse minacciata da un grave disastro. Per quanto le vie fossero affollate, pur nonostante vi regnava un relativo silenzio, che faceva pena. Da un momento all’altro, si aspettava di sentire il rullo de’ tamburi francesi. Tutti, o almeno molti, i quali erano i più paurosi e contrari al nuovo stato di cose, che stava per impiantarsi nella pacifica ed apatica città, e che ne temevano le conseguenze,