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92 | Firenze Vecchia |
tropolitana; e più che altro concernente «il pacifico contegno da tenersi dai sudditi all’arrivo del Real Sovrano in città, e suo tragitto al Real Palazzo.» Nonostante tutto il giubbilo, le lacrime di tenerezza, gli evviva ed i singhiozzi, non c’era proclama che non invitasse il popolo a tenere un pacifico contegno. O dov’era tutta la bontà di quel popolo?
Il maire, che da quel giorno riprese il suo titolo di Gonfaloniere, emanò un editto, col quale si «comandava e intimava» che all’arrivo del Sovrano fossero suonate tutte le campane e nella sera fosse fatta una generale illuminazione.» Più spontanee di così le feste non si possono immaginare !
In vari punti della città si vedevano impastati sui muri dei fogli con lo stemma granducale sul quale era scritto «Viva Ferdinando »; di fogli simili si servirono poi per i fanali della illuminazione.
Dalla Soprintendenza delle «Reali Possessioni» fu fatta annaffiare la strada da via San Gallo fino alla Villa Capponi alla Pietra, da dove sarebbe partito il «Real Sovrano» affinchè egli al suo passaggio non mandasse tanta polvere negli occhi ai sudditi fedelissimi, e al tempo stesso non apparisse in un nuvolo della stessa polvere a guisa di nume.
Non eran però terminate qui le disposizioni, gli editti, le intimazioni e gli inviti. Dalla Segreteria di Stato vennero intimati tutti i capi di dipartimento a presentarsi al Sovrano al suo arrivo a Palazzo: ed un pari invito fu fatto agli arcivescovi e vescovi che s’eran recati alla capitale, per essere presenti all’arrivo di Ferdinando III. A quei tempi, i preti,