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avviene oggi) e quando non si parlava di femminismo, non mancavano fra esse quelle che gli studî coltivavano per naturale inclinazione. E vi furono delle poetesse, come Lucrezia Tornabuoni, Vittoria Colonna, Veronica Gambara, Teresa Bandettini, ecc.; delle letterate come Cassandra Fedeli, Laura Bassi, Clotilde Tambroni, ecc.; ed anche qualche dottoressa in matematica, come Gaetana Agnesi. Ma queste ed altre donne celebri, che per brevità non nomino, sentivano per gli studî un vero amore, una vera vocazione, e li seguirono spontaneamente, illustrando il proprio nome.

Perciò io dico: le giovani che hanno una disposizione naturale per gli studî siano avviate per quelli che preferiscono; le giovani che hanno inclinazione per un’arte bella, siano aiutate a essere artiste, e diventano pure pittrici, come Lavinia Fontana, o scultrici, come Properzia dei Rossi; ma quelle che non hanno vocazione nè per gli studî nè per l’arte siano avviate ad altre professioni. Perchè forzar la natura? Per aver delle mediocrità che rimarrano confuse nella folla degl’ingegni e stenteranno a farsi strada per guadagnar da vivere? Perchè contendere così, senza l’ingegno adatto e la vocazione necessaria, le professioni agli uomini? Gli studî esigono speciali attitudini in chi li deve coltivare, per una professione lucrativa, e chi non ha tali attitudini è bene che si dia ad altra professione, dopo aver acquistato il minimo di coltura necessario per la vita.

Ed e perciò che io vedrei con piacere accrescersi il numero delle scuole professionali femminili, che non dovrebbero mancare in ogni città che ha una scuola normale, affinchè diminuisca il gran numero delle donne