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dell’estesa coltura generale per l’ingresso all’Università.
Non so intanto se vi siano donne laurea in altre facoltà, oltre a quelle poco fa accennate, ma credo che sia bene non spingere troppo la donna per gli studî universitarî, affinchè non si distragga dalla missione che deve compiere nella famiglia e nella società. A che giova, del resto, far delle figlie avvocatesse, il se son tanti gli avvocati a spasso, che accettano la difesa delle più umili cause in conciliazione? Potrebbero forse aver clienti, e le loro difese potrebbero anche essere efficacissime; ma nessuna laureata in legge potrebbe essere ammessa alla carriera della magistratura, perchè la misericordia, la pietà, la carità, affetti vivi dell’animo femminile, non s’addicono alla giustizia, che è la più pura negazione dell’amore. Nè gioverebbe far delle figlie ingegneresse (passi il neologismo), perchè questa e altre,professioni liberali non sono adatte per le donne, le quali, a forza di andare di qua e di là, finiscono col perdere quel sentimento di pudore, che è il più bell’ornamento del loro animo, e sciupano tempo, salute e danaro per conseguire una laurea, che non potrà neppure servire in caso di bisogno.
I genitori, che pensano giustamente a dare una professione alle loro figliuole, non si facciano quindi guidare dall’ambizione di farne delle dottoresse, ma cerchino di conoscere quali disposizioni particolari esse abbiano per gli studî e le secondino incamminandole per le scuole in cui gli studî preferiti vengono coltivati. Una volta, quando le donne non frequentavano qualunque ordine di scuole (e in gran numero, come