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ma col tirocinio magistrale, possedendo la necessaria attitudine all’insegnamento.
Ho detto che la maggior parte delle donne che hanno frequentato l’Università sono laureate in lettere, ma ve ne sono parecchie che hanno compiuto gli studî nelle scienze matematiche, fisiche e naturali, in medicina e in farmacia. Le laureate in matematica e scienze hanno trovato facilmente ad occuparsi nell’insegnamento delle scuole secondarie femminili, perchè professoresse di tali discipline ve ne sono ben poche, forse per le difficoltà che presentano gli studî scientifici per l’ingegno della donna; e le medichesse e le farmiciste esercitano liberamente la loro professione. Ma di esse solo le ultime trovano a vivere, perchè sono o saranno padrone d’una farmacia, la qual cosa le spinse agli studî chimici; le medichesse finiscono col chiedere un posto nell’insegnamento, non venendo preferite dalle famiglie dei malati ai medici e ai chirurghi.
Eppure l’arte della medicina e della chirurgia potrebbe, per mezzo dell’ingegno femminile, recare grandi benefizi all’umanità sofferente. Quante donne, quante madri di famiglia non preferiscono di soffrire e morire, anzichè farsi osservare e operare da un uomo? Vi sono malattie tali per la donna, che essa, per pudore, non ardisce confidare al medico, ma le confiderebbe senza difficoltà a un’altra donna, alla medichessa. Perciò l’ufficio di questa potrebbe essere molto utile alla società; perciò pure gli studî di medicina e chirurgia, per le studentesse universitarie, dovrebbero essere in modo speciale indirizzati alle malattie delle donne, diminuendo anche il fardello degli studî superflui e