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critica delle lezioni fatte dai propri compagni di classe, può giovare per avere un’idea dell’arte didattica, ma non certo per acquistare quest’arte nè quella educativa; e quando l’allievo maestro è uscito dalla scuola normale, si trova davanti tutte le difficoltà del suo ministero, con l’obbligo di risolverle da sè, a forza di buona volontà, di studi, di prove, di vittorie, di sconfitte.
Sarebbe molto facilitato il suo compito, se, frequentando la scuola normale, egli potesse insegnare, molti giorni di seguito, nelle scuole di tirocinio per acquistar la pratica dell’arte insegnativa ed educativa. Nè la cosa sarebbe impossibile, perocchè, semplificandosi i programmi didattici, diminuerebbero le ore di lezione, e un paio d’ore quotidiane si potrebbero destinare al tirocinio. Questo dovrebbe poi essere regolato in modo che ogni alunno potesse insegnare effettivamente, alla presenza dei compagni e sotto la guida del maestro della classe e del professore di pedagogia (per molti giorni di seguito, come ho detto) dalla 1ª alla 6ª classe, e tavolta nella scuola di due classi abbinate. Cosi egli potrebbe svolgere una parte del programma didattico delle scuole elementari, e fare degli studi sulle qualità intellettuali e morali degli scolari per correggerne i difetti e svilupparne i pregi.
In due anni di tirocinio tutti gli allievi maestri dovrebbero, insegnando, acquistare un po’ d’arte della scuola; e nell’ultimo anno il corso degli studi si potrebbe chiudere verso il mese d’aprile per dare agli alunni un tempo maggiore da dedicare al tirocinio (da farsi nel modo ora detto), affinchè acquistino la maggior attitudine didattico-educativa possibile, della quale