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sore tirava sempre avanti, senza correggere mai, segnando, volta per volta, buoni punti di approvazione sovra un taccuino, mentre il suo compagno di commissione sorrideva. A un certo punto tale sorriso lo indispettì, e gli domandò sottovoce: — Conosce la musica lei? — Un pochino — rispose l’altro. E allora — soggiunse il professore — non si maravigli del cattivo esame de’ miei scolari: con un’ora di lezione per settimana, in tre anni scolastici, di otto mesi ciascuno, non è possibile condurre gli alunni al punto di interpretare, all’improvviso, un breve canto scritto alla lavagna. — Queste parole non hanno bisogno di commento.
A questo fatto, che potrà sembrare eccezionale, potrei aggiungerne altri, e parlare anche di tanti giovani maestri, che, usciti dalla scuola normale, non ricordano più un’acca di musica e insegnano ai proprî alunni facili e brevi canti educativi ad orecchio, come si è fatto sempre e come prescrivono le istruzioni governative. Ora, perchè l’insegnamento della musica agli allievi maestri non si limita a far loro apprendere nello stesso modo, ad orecchio, quei canti che potranno insegnare a loro volta agli scolari delle classi elementari nella maniera più facile e più adatta, che bisogna pure indicar loro? E a far ciò credo che non sia necessario uno speciale professore di musica; potendosi affidare l’insegnamento del canto, da darsi nel modo ora indicato, al maestro di ginnastica, che un po’ di musica, pei canti educativi, dovette certamente apprendere nell’istituto di educazione fisica da lui frequentato.
Così facendo, si risparmierebbero per ogni classe una o due ore di lezioni settimanali, che richiedono