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densi, a svolgere i quali occorrono circa sei ore di lezioni giornaliere, senza aver neppure, in fin d’anno, il tempo necessario per fare ordinate ed efficaci ripetizioni, utili a preparare gli scolari agli esami finali.
Così avviene che si dà una coltura affrettata, la quale diventa pesante e confusa, perchè agli scolari manca il tempo di assimilare quello che loro s’insegna e di diventarne padroni. Sei ore di lezioni a scuola, esigono almeno altre sei ore di studio a casa; e qual tempo rimane per sodisfare i principali bisogni della vita? — Non v’è neppure il tempo di respirare — ho sentito spesso esclamare anche alle migliori alunne della scuola normale — per poter contentare tutti i professori! —
Così avviene pure che, presa la licenza normale, molti mettono da parte i libri come un pesante fardello. Quanti giovani maestri conosco io, che hanno dimenticato la maggior parte di quello che fu loro insegnato a scuola e che pur dovettero imparare per essere approvati! E perchè? Perchè non si fece acquistar loro, con la bontà dell’insegnamento, l’amore allo studio, che, invece, diventò per essi una dura e noiosa fatica, resa necessaria dalle esigenze degli insegnanti, giustificate dalla quantità eccessiva delle nozioni da impartire.
Per me credo che il fine vero di qualunque scuola di coltura generale non debba consistere nè nell’obbligare i giovani a studiare il maggior numero di discipline, quasi si volesse dar fondo a tutto lo scibile, nè nel far loro apprendere la maggior quantità di nozioni su ciascuna di esse; ma nell’innamorarli dello studio,