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il tempo delle loro lezioni, e non rende possibile assegnare agli alunni e correggere almeno un lavoro di composizione per settimana, secondo è prescritto dai programmi governativi. Nè rende possibili le composizioni in comune, che le istruzioni governative saggiamente raccomandano fin dalla scuola complementare, e a cui molti non dànno nessuna importanza, mentre servono mirabilmente ad addestrare a ben comporre.
E così si spiega facilmente perchè molti licenziati dalle scuole normali, mentre sanno a menadito tutti gli episodi della Divina Commedia e vi fanno a perfezione il disegno dei cerchi e dei gironi dell’Inferno, della montagna del Purgatorio, ecc., non sanno scrivere senza errori di lingua una relazione scolastica.
Ora io voglio fare, a proposito dello studio della Divina Commedia nella scuola normale, una osservazione che non mi pare senza fondamento. Una volta del libro immortale del nostro più grande poeta si parlava solo nei licei, a giovani che avevano messo i baffi, e se ne studiavano solo i più bei canti. Ora se ne è generalizzato lo studio in tutte le nostre scuole secondarie di secondo grado, e si vuole che conoscano Dante anche le giovanette di quindici anni che frequentano il primo corso normale, per le quali mi sembra un po’ troppo prematuro lo studio del grande poeta.
Ma non si potrebbe almeno fare questo studio sopra un buon manuale di letteratura, come quello dell’illustre Francesco Torraca, libro col quale possibile dare un concetto esatto delle opere e della vita di tutti i nostri scrittori classici, farne gustare i migliori passi, specialmente i più educativi, e innamorare i giovani