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lontà della maestra e le si raccomanda di studiarsi di rendere le alunne esperte nei lavori che sono più necessari in una famiglia, e di non trascurare, nel preparare il suo programma didattico, i lavori che sono più in uso e in pregio nella provincia o nella regione dove la scuola si trova. Sicchè tutto rimane a discrezione della maestra pei lavori femminili; ma sarebbe stato bene che, pur facendo le suddette raccomandazioni, si fosse prescritto un programma generale di lavori, comuni a tutte le regioni d’Italia.
Ora si fa molto poco nelle scuole complementari per l’insegnamento dei lavori muliebri, e le famiglie se ne lagnano; nè è possibile fare di più in due ore di lezioni settimanali, stabilite per ogni classe. L’insegnamento dei lavori donneschi dovrebbe avere, in una scuola secondaria femminile, la stessa importanza di quello della lingua italiana, per la sua grande utilità nella vita della donna, e bisognerebbe quindi destinare per esso egual numero di ore di lezione per settimana.
Riassumendo quello che si è detto intorno ai programmi della scuola complementare femminile, bisogna riconoscere che essi sono pregevoli in molti punti, ma hanno bisogno di essere indirizzati maggiormente all’educazione speciale della donna, secondo la missione che essa deve compiere nella vita. Bisognerebbe inoltre diminuire il fardello delle nozioni superflue nelle varie materie e accrescere il tempo per l’insegnamento dei lavori donneschi, che sono, come dice la signora Gazzoni Maria «lo scettro della donna», e debbono formare parte integrante del programma didattico di una scuola femminile.