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neamente delle cose indispensabili al governo della casa. Converrebbe quindi mettere nelle loro mani meno libri e più faccende domestiche.

Io son convinto che sarebbe opera saggia di governo intelligente, desideroso di una seria educazione della donna, il riordinamento dei con vitti normali femminili, con riforme tali che li avvicinino sempre più alla vita della famiglia, diminuendo i danni inevitabili dell’educazione collegiale, dei quali si è parlato, e rendendoli modelli per la completa educazione delle maestre e delle madri italiane. A questo scopo credo che possa giovare il determinare le occupazioni domestiche a cui debbono attendere le alunne in collegio, senza trasandare lo studio, e il prescrivere che l’ufficio di direttrice del convitto deve essere affidato a preferenza alla direttrice o a una delle insegnanti della scuola normale, e che anche l’ufficio di istitutrice dev’essere conferito a preferenza alle insegnanti della scuola. Così alunne e professoresse formerebbero una sola famiglia, e le ultime potrebbero cooperare efficacemente alla completa educazione delle loro scolare, a quella morale e civile, e a quella intellettuale e fisica.

Ma disgraziatamente in Italia non si vede di buon occhio la comunanza della vita fra insegnanti e alunne, sol perchè si presta al sospetto di illeciti guadagni e di favoritismi per promozioni o dispense da esami, e non dimenticherò mai quello che accadde, parecchi anni fa, ad una distinta professoressa di scuola normale. Essendo nubile e non avendo uno stipendio sufficiente