tavano un gran cappello, come fanno le contadine del paese, per ripararsi dal Sole.
Il Lunedì 6. a buon’ora, passate quattro leghe, desinai nella Città di Saint Gil. Avrei voluto io stendermi sino a Nismes (detta già Nemausum da’ Latini) Città, dove si fa buona saja, per veder quivi varie anticaglie di Romani; cioè il Tempio di Diana, la Maison Quarrèe, fatta di grandi pietre, e les Arenes, o Anfiteatro de’ spettacoli; ma perche bisognava allontanarmi tre leghe, anteposi a ciò il vedermi presto in Napoli. Dopo desinare, fatto un miglio Italiano, passammo in barca un braccio del Rodano, che divide la Linguadoca dalla Provenza. Un che vi stava a riscuotere i diritti della Dogana, mi domandò, se nella valige portava alcuna cosa nuova, per cui si dovesse diritto al Rè; e manifestandogli, che vi erano sette dozzine di ventagli, con molta cortesia mi licenziò, senza voler prendere quel poco, che gli spettava. Avvertimmi di più, che passando per Arles, dicessi alla Dogana, che le guardie del cammino non aveano preso alcun diritto, per esser cose tenui, e da presentarsi; e che non mostrassi il bollettino, perche allora sarei stato costretto a pagare. Questo riguardo co’