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Del Gemelli. 329

lungo, torna il Cià due, e tre volte. La terza dinota commiato; di modo che sarebbe stimato un barbaro, chi non si licenziasse dopo aver bevuto: e così questa, come qualunque altra cosa, che si porti, dee prendersi con amendue le mani; che l’avvalersi mai d’una sola, sarebbe atto incivile.

Or in quei pochi passi, che sono nel ricondurgli sino alla porta, sono tante le cerimonie, e i rinovati inchini, e le finzioni, fatte come la più sincera cosa del Mondo; che il ristorarsi prima col Cia, par che sia per bisogno, non per semplice gentilezza. Ma lo sforzo è nel volere il padrone indurre, con ragioni, e con prieghi, chi il visitò, a rimontar, lui veggente, a cavallo; e dell’altro, in protestarsi, che prima il Mondo andrà sossopra, che ciò per lui si faccia; e tanto vi dura, e suda d’intorno, che vince: perocchè il padrone alla fine, dopo replicati inchini (che tutti hanno le loro risposte) si nasconde dietro la porta, o sotto una grande ombrella; e allora il vittorioso monta a cavallo. Ma che? appena è in sella, che l’altro balza fuori; e dicegli in sua favella, Addio: Addio ripiglia l’altro, e più volte ciò ripetendosi, si partono


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