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276 Giro del Mondo

cibarmi, o dove stare al coperto; e dubbiando di ladri, mi appiattai, con grandidimo timore, dentro alcuni cespugli.

Al comparir del nuovo giorno, il Mercordì 30. m’incamminai solo, senza aver altra contezza della strada, che l’orme della Bojata; e giunsi di buon’ora in Beligon. Questa Città, quantunque composta di case di terra, e paglia, è nondimeno molto popolata, a cagion del traffico. Vi si vede perciò un ben grande Bazar, ed una buona Fortezza (per essere di Mori) fabbricata di pietra viva, e circondata da profondo fosso, pieno d’acqua; però con poca artiglieria, a riguardo della sua grandezza, e del presidio.

Quivi credeva io di trovar la Bojata di S. Stefano, o almeno averne novella; ma il non saper farmi intendere, non fece venirmene a capo. Il Giovedì ultimo bensì comprendendo un Moro ciò, che io non poteva esplicar colla lingua, mi condusse a Sciapur (un miglio quindi discosto) dove trovai la Bojata, che stava di partenza per Bardes. I Canarini di essa, sudditi di Portogallo, mi fecero molte carezze; e vedendomi indebolito dall’inedia di tre giorni, mi provvidero


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