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v’è alcuno fra di loro, che non s’ingegna, al meglio che può, d’andare alla Mecca, per divenire Hagì, o Santo.

Si dilettano molto della caccia, nella quale si servono di cani, e di leopardi dimesticati. Prendono gli uccelli d’acqua in cotal guisa. Entrano, con tutto il corpo, nell’acqua, sino al mento; e’l volto cuoprono con un’uccello maestrevolmente finto, di quella spezie, ch’essi vogliono pigliare. Quindi venuto l’uccello, per accodarsi al suo simile, lo tirano per gli piedi, e l’affogano. Il simile fanno i Cinesi, e Mexicani, come a suo luogo dirassi. Come che sono valentissimi arcieri, gli uccidono anche a volo, a colpi di freccia.

I Maomettani dell’Indostan, avvegnache barbari nel rimanente, non sono però così furbi, superbi, e nemici del nome Cristiano, come i Turchi; onde può con esso loro sicuramente un Cristiano accompagnarsi. Più anche leali co’ viandanti sono i Gentili. Quanto al coraggio, nè Maomettani, nè Gentili ne han troppo. I migliori sono i Balucci, confinanti colla Persia, i Patani del Regno di Bengala, i Rasbooti, grandissimi ladroni. La lingua della Corte è l’Araba, e la

     Parte III.' P Per-