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168 Giro del Mondo

situarono sul turbante, in modo che potesse esser ben veduta da tutti. Era la lettera coperta di tela d’oro (come si costuma fra gli Orientali) due palmi lunga, e larga a proporzione. Ricevuta la lettera, e i complimenti di congedo per bocca dell’Atmath-Dulet, fece in ritirandosi una simile riverenza, e fu da i medesimi Uficiali riportato nel piano del giardino.

Entrò poscia l’Ambasciador del Papa, e noi l’aspettammo nel giardino sino a tanto che uscisse, per andarcene tutti insieme; giacchè come licenziati non doveamo restare al Mangeles, o desinare del Re. Oltre la lettera grande per lo Sommo Pontefice, n’ebbe quegli un’altra picciola per la Repubblica di Vinegia.

Ritornati adunque (con maraviglia degli Europei, che vedevano quelle lettere su i turbanti) l’Ambasciador di Polonia mi onorò della sua tavola, che valea assai meglio, che il mal concio pilao, (avvegnache in bacini d’oro) che gli altri mangiavano in Palagio. In questa seconda udienza osservai meglio le fattezze del Re. Egli si era dilicato, e debole di complessione, di volto picciolo, belle ciglia, occhio nero, e nera ma corta barba. Vestiva una Cabaya di tela d’oro


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