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tutto ciò, ch’è al Mondo, gli antichi videro; non tutto ciò, che videro, lasciarono in iscrittura; né tutto ciò, ch’eglino di vero in iscrittura lasciarono, tale verrebbe riputato, e forse da alcuno inteso, se il viaggiar de’ moderni certa testimonianza non ne rendesse: e pure dagli eruditi ancora indarno si cercano molti luoghi, dal Mela, da Solino, Strabone, Stefano, e spezialmente da Tolomeo mentovati. Dall’altro canto, se dritto vorrem discernere, gli strabbocchevoli accidenti di Fortuna, avendone, per mille pruove, insegnato, niente esser quaggiù gran tempo durevole; egli è di mestieri, quanto vi ha di pellegrino attentamente riguardare, per poterne almeno a’ nipoti darne alcuna contezza. Non solo gl’Imperj, e le Repubbliche; ma le Città più belle, e grandi ponno ad un’ora esser condotte ad inevitabil fine: ὦ βασιλεῦ μοίραν χειρονα, χὶ χρείςονα γχ’ ἐςιν, γτε ἀνδρὸς, γτε πόλεος ἐναλλάξαι, disse Appiano favellando di Seleucia1 cioè: Non è in poter degli uomini, o delle Città, o Sire, il più o meno cattivo Fato, loro stabilito, schifare. E poco dopo μοὶρα* (*) χὶ πόλεῶν, ῶσπερ χὶ ἀνδρῶν. Hanno il lor Fato le Città, niente meno, che gli uomini. E in vero ben disse Lucano:
Invidia fastorum series, summisque negatum
Stare diu: nimiùmque graves sub pondere lapsus.
In se magna ruunt _____
ed Ovvidio più al nostro proposito:
_____ sic tempore verti
Cernimus, atque illas assumere robora gentes:
Concidere bas _____
b 4 | Molte |
- ↑ Appian. in Syriac.