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zione, particolarmente di buone uova secche di cefali, che ivi sono a vilissimo prezzo. In passando per la dogana, il Giannizzero dimandava un zecchino, per la licenza d’imbarcarmi; ma dicendo io, ch’era Francese, ridussi la sua avarizia a contentarsi per un terzo di scudo. Ciò m’avvenne, perche non v’era Consolo; nè l’interprete Giudeo dir volea una sola parola a mio prò, per tema di bastonate: anzi volendolo condurre quattro miglia lontano, alla barca, per servirmi d’interprete col Padrone; ricusò, lasciandomi partir solo a discrezione de’ barcajuoli, de’ quali non intendeva il favellare. Costoro, come una vittima, mi presentarono al doganiere del Casale d’Hisba a destra del fiume, il quale non prese alcun diritto, perocche io non portava altro che viveri. Un Nero bensì della medesima, non volendo perdere sì bella opportunità di esercitare la sua furberia, vedendomi solo, e senz’appoggio; mi trattenne chiedendo un zecchino per lo passo: e quantunque io replicassi, che non se gli dovea, e che ne averia scritto al Consolo del Cairo, acciò se ne dolesse col Bassà; egli nondimeno fermo nella sua indebita pretensione, mi disse, che


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