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dei pratici; anzi non presenterebbe più il prezioso vantaggio di mettere gli allievi veterinari in rapporto colle nozioni pratiche possedute generalmente dalle persone che conservano, allevano, o commerciano di cavalli. Ma, mi si dirà, la riforma di cui trattasi è compiuta da gran tempo e trovasi negli Elémens de pathologie vétérinaire, pubblicati nel 1828 da Vatel, già professore nelle scuole di Lione e d’Alfort. Quest’opera rinchiude, in vero, una nomenclatura scientifica delle malattie degli animali domestici, modellata sulle nosografie dell’uomo. Ignoriamo però se questa nuova nomenclatura, della quale Vatel ha potuto servirsi nelle sue lezioni, ebbe considerevoli vantaggi per l’istruzione; ciò che possiamo assicurare si è, che non si propagò fuori delle scuole, dove sarebbe solo rimasta concentrata. D’altronde, è forse presumibile che espressioni tolte tutte dal greco e sostituite a nomi sanzionati dal tempo, possano mai venire ammesse nella lingua volgare? Diremo inoltre, che un libro deve sempre essere compilato collo scopo di utilità diretta, pel maggior vantaggio della scienza, e che deve essere messo alla portata del maggior numero dei lettori; tale è lo spirito che ci diresse. Se, mettendo da parte ogni timore d’innovazione generale nella patologia veterinaria, cerchiamo riconoscere l’utilità che potrebbe risultare dall’adozione del nuovo metodo nominale per le malattie del piede, molte ragioni si presentano per convincerci che gl’inconvenienti sorpasserebbero i vantaggi.