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54 | Il libro del comando |
ioni a mangiare e bere, dopo si addormentava e non c’era pericolo che le sue pecore si allontanassero, più di quel tanto, da lui. Gli stavano tutte intorno, come se fossero chiuse in un cerchio. Se Pietro si moveva, si movevano anche loro; se si fermava, si fermavano: invece di parer pecore sembravano tanti cani ammaestrati. Se aveva da alzare un peso grosso, per esempio un sasso, una trave, non chiamava mai nessuno che l’aiutasse; aspettava di non esser visto, e faceva da sè. Come facesse, e chi l’aiutasse lo sapeva solamente lui. Tante volte sapevano che era solo in casa, eppure se ci passavano da vicino, lo sentivano discorrere e contrastare. Stavano attenti per vedere se fosse uscito qualcuno: ma sì, ne avevan voglia di stare ad aspettare! E di tutto questo lavoro nessuno si sapeva raccapezzare. Tutti dicevano che certe cose senz’arte di diavolo non si potevan fare, e che qualcosa ci doveva esser sotto. Qualcosa c’era sicuro!
— Una sera Pietro va per la montagna, e s’imbatte in una guardiana che piangeva; si ferma, si prova a racchettarla, e non ci riesce. Le domanda quel che ha, e dopo tanto dire gli risponde che aveva perso le pecore, che aveva fatto tardi e che non le riusciva di ritrovarle.
«Sta zitta, bambina mia, te le farò ritrovare io.»