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Il libro del comando | 33 |
c’era la sala dell’udienza, perchè allora il C.... faceva comune, e ci stava il potestà, e da questa porticina si andava nelle prigioni.
Guardavo Paolaccio, ammiravo il suo parlare colorito ed il suo vivo modo di porgere, il talento naturale, col quale descriveva tutte quelle cose come se le avesse vedute, le persone come se le avesse tutte conosciute. Io non vedeva che muri stonacati, soffitti neri, stanze spiantite, sudicio e buio da per lutto.
— Le prigioni erano qui — seguitò Paolaccio, tirando il grosso chiavistello rugginoso, e col piede mandando in là l’uscio.
Non c’era niente. La porta dava adito in un fosso piuttosto profondo dietro casa.
— Lo stanzino, che era su queste mensole, veda, è caduto, saranno tre o quattro anni; si affacci, guardi: si vede sempre dove i muri erano attaccati. Lo ritrovarono a tempo del mio nonno; l’uscio l’avevano murato chi sa quando; un giorno il muratore picchiettando colla martella sentì che c’era vuoto; buttò giù un mattone e vide lo stanzino: nessuno fino allora ci aveva badato. Dentro ci trovarono della paglia marcita e le ossa di quattro persone, secondo me, morte lì murate. Chi lo sa quel che facevano a que’ tempi! Per le cantine ci trovarono un monte di ferracci, delle campanelle, dei pezzi di catena.... I ferri