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28 | Il libro del comando |
lungo fucile ad una canna in ispalla. Accovacciato ai suoi piedi era un canino rosso, colla coda tagliata, una specie di quei pomeri, che tengono i barocciai.
— Buongiorno!
— Buongiorno; si è levata più presto di quel che non credevo, ancora non ce la facevo!
— E codesto canino?
— È il mio.
— Però non è da caccia?
— Ma la lepre la trova: me lo volle dare mio fratello Nando; lo presi così per fare; più per badare a casa che per altro. Io non ce lo volevo con me, perchè i cani sono sempre d’impiccio ed alle volte fanno entrar ne’ cimenti senza volere; specialmente io che sono tutti i giorni per le strade se qualcheduno me lo avesse toccato sarebbe stata questione finita. Sicchè le prime volte gli tiravo de’ sassi, così per fargli paura; lui abbassava le orecchie, metteva la sua coda fra le gambe, prendeva ratto ratto la via di casa, ed ogni tanto si voltava addietro come per vedere dove io andava: quando avevo fatto un altro po’ di strada, e non mi scorgeva più, via a carriera giù per i campi e per i balzi; mi passava avanti, e si metteva ad aspettarmi. Durai un pezzo a gridarlo e a rimandarlo addietro: fuggiva sempre, ma dopo un minuto o due me lo vedevo sempre riap-