Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
22 | Il Diavolo |
Finisco di vestirmi, lascio la chiave nell’uscio e vo fuori. Giù macinavano sempre. Giro dalla parte di sotto, vo nel piazzale, e nei frantoi ci vedo il lume dalle finestre. Non mi pareva vero di entrar dentro. Quando sono a dieci passi sparisce il lume, e vedo l’uscio chiuso. Chiamo, e nessun risponde. M’impaurii: mi principiò a girare il capo, e, non mi vergogno a dirlo, mi detti a fuggire sperso. Mi pareva d’aver gente che mi desse dietro, non ebbi il coraggio di voltarmi, e mi fermai solamente, quando sentii il carro per la scesa e sentii che erano i miei che venivano a far l’olio. Ero tutto un sudore; una paura in quel modo non l’avevo avuta mai nè la potrò più avere. Mi domandarono perchè mi ero levato e perchè ero andato a riscontrarli. Lì per lì non mi volli far conoscere, e non dissi nulla, ma poi nel frantoio, al lume se ne avvidero, perchè avevo il viso bianco come un panno lavato. E bella! Fosse accaduto solamente a me! Faustino una sera, che tornava da badare alla foglia, vide come me il lume nel frantoio, si affacciò alla finestra, e il lume sparì; sentì ridere, e gli sputarono in faccia. Le paion cose da non si credere, ma pure le son così: e non ci è da dire sarà, o non sarà. Vedesse o sentisse uno solo, potrebbe anch’essere un’ubbìa; ma tutti non la possono aver la mede-