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162 Fioraccio


— Dio! com’è brutto! — non potei fare a meno d’esclamare.

— Zitto! — disse il frate, che avevo accosto.

Poi tutt’e due si misero la stola, aprirono il libro, benedissero il morto coll’acqua santa, e principiarono a fare lo scongiuro. Io facevo lume; il priore mi teneva per una manica, e sentivo che tremava; ogni tanto, bisognava sentire, dava certi scossoni, che mi facevano tentennare la lanterna in mano.

— Se tu credi, non lo posso nemmeno guardare.

— E lei non lo guardi, ma non mi tenga per la manica, altrimenti, lo vede, non posson leggere.

— Antonio!... Antonio! — diceva il cappuccino — Antonio, rispondete!... ve lo comando in nome di Dio!

— E quello, zitto.

— Provi a chiamarlo Fioraccio, — diss’io in un orecchio al frate; — potrebbe darsi che al nome di battesimo non voglia rispondere.

Il frate intinse l’aspersorio nell’acqua benedetta e lo ribenedisse:

— Fioraccio! rispondete.

Si senti una voce cupa, come se venisse di sotto terra dieci braccia:

— Chi mi chiama? Che vuoi?

Rispondeva il Diavolo per lui!