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74 Lo Specchietto


saccia, e avevamo una gran quantità di quercie; le ghiande si rimettevano a stanzate, e si teneva sempre un bel branco di maiali. Era di carnevale, e si stava per venderli. Una mattina mio padre si leva, e vede nell’aia il cane morto; va alla stalla dei maiali, tira il chiavistello, e sente che l'uscio non si vuole aprire, come se ci fosse stato qualcheduno di dentro a pigiarlo. Principia a chiamare, si va giù, ci accordammo tutti, ed aprimmo. I maiali erano tutti una catasta all’uscio: di trentasei ce ne erano rimasti nove soli vivi. Nel vedere tutta quella strage, mio fratello ed io, che andavamo sempre a badarli, ci mettemmo a piangere; mia madre lo stesso: mio padre ammutolì, ma per un momento; poi cominciò a dire che glieli avevano avvelenati, perchè tutti dal primo fino all’ultimo erano gonfi come palloni.

La disperazione di mio padre non c’è da dirla. Che mi fate celia! A trovar morte ad un tratto lì in quel modo tutte quelle bestie nelle quali faceva assegnamento! Molto più che essendo entrato un po’ sotto col padrone, col guadagno di quei maiali sperava di scontare quasi tutto il debito. Ce ne erano otto che saranno stati trecento libbre l’uno.

— Me li hanno avvelenati! — non faceva altro che ripetere mio padre; — me li hanno avvelenati! Sono rovinato! O chi è stato quel birbante che mi ha mandato ad accattare?!