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da verdeggianti colline, ornate nelle parti incolte di gruppi di ginestre, di cui il sole, a cielo perfettamente sereno, rendeva il color più vivace, e il mite zeffiro ne spargeva con le ali intorno a me il dolce olezzo. Io rivolgeva al tempo stesso lo sguardo alla maestosa azzurra volta del cielo, e sembrandomi passeggiar con la mente fra le numerose schiere dei mondi, che sparsi sono nell’infinità dello spazio, consideravo il vasto orizzonte di questa terra come un piccol punto, ed il mio corpo come un atomo impercettibile sopra di esso. Di qui prendevo motivo di consolarmi all’opposto della grandezza della mia anima, che era capace di abbracciare, per così dire in un sol colpo d’occhio d’immaginazione, una veduta tanto immensa e da ciò risalivo con eccesso di venerazione, e di giubbilo, alla mentale contemplazione dell’Autore sapientissimo della natura, e riposavami dolcemante con la speranza nel seno di un tal’Essere, potente, benefico, e misericordioso al di là di ogni umano concepimento.