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gnato, dal quale fu amorevolmente accolto e accomodato di stanze, mise mano a lavorare diverse cose dell’arte sua. Quivi eseguì con mirabile rassomiglianza i ritratti del Conte Marcantonio Tiene e di Madonna Caterina Chieregato, e d’altri signori, in marmo e in istucco. Al Palladio, cui l’avea per lettere raccomandato messer Pietro Aretino, piacevano molto i lavori del nostro Vittoria; e quindi si servi di lui nell’ornare i palazzi dei Conti Porlo e Caldogno e quello di Marcantonio Tiene, nel quale Alessandro operò alcune stanze di stucco in compagnia di Bartolomeo Ridolfi, pur egli eccellente nell’arte plastica. Lavorò a stucco anche la volta d’una stanza nel palazzo Arnoldi: opera che merita essere qui descritta colle parole di Tommaso Temanza: «Essa è composta di nove sfondati di varie forme con molta eccellenza dipinti a fresco dal Zelotti. La cornice d’intorno alla stanza e le cornicine degli sfondati son così bene svariale di membra, che traggono l’imitazione delle antiche forme dei Romani nel fiore dell’architettura. Ma ciò che sorprende si è la moltiplicità delle cose di bassorilievo con ottimo disegno e con gusto sopraffino annicchiate nei piani tra gli sfondali predetti senza confusione veruna. Vi spicca molto la caccia del cervo, decorata di molte figure d’uomini, di cavalli e di cani, ai quali pare non manchi che l’anelito e il riavere il fiato; così felicemente sono mossi nelle loro altitudini!»

Ivi medesimamente condusse Alessandro gli stucchi del palazzo Montanari, e scolpì due statue di fiumi figurati in due vecchi, che diconsi bellissimi, e furono