Pagina:Giovanelli - Vita di Alessandro Vittoria, 1858.djvu/16


— 10 —

che cinquanta ducali d’argento; secondochè si raccoglie dalle note autografe del Vittoria medesimo. Ma la lode ch’egli ebbe da quel lavoro fu al suo nobile animo di tanta efficacia, che nol sarebbe mai stato una ricompensa di molto maggiore.

Volgeva il sesto anno dacchè Alessandro Vittoria stavasi rassegnato a quelle condizioni meschino, quando l’indole sua, troppo irritata dalla sempre crescente sproporzione tra le fatiche e la mercede, e dalle incaute suggestioni dei condiscepoli, si risentì fortemente e gli fece rimettere a poco a poco di quel fervore con che era usato servire il maestro. Del quale mutamento o dello starsi con faccia di malinconico e sospiroso, o il Sansovino non s’avvedeva o non volea mostrar di curarsi. Ciò sofferiva di mal animo il giovane, a cui pareva oggimai poter fare da sè, per quella confidenza nelle proprie forze che gli avevano inspirata le lodi degli intelligenti. Nondimeno, prima di venire al distacco, prudenza e gratitudine gli consigliavano di tentare un ultimo passo. Pregò il maestro che volesse temperare alquanto l’eccessivo rigore, ed essere più discreto rimuneratore de’ suoi servigi. Ma vide accolti i suoi detti con sopracciglio severo e udì intonarsi parole d’insolita acerbità; perlochè, preso da sdegno, si lasciò andare a imprudenti espressioni e a franche querele. Spezzati così i legami di provvida soggezione e di riverenza che, quasi per nove anni continui, aveano vincolato Alessandro al suo vecchio maestro, pensò il giovane di cercare altrove la sua fortuna. Scritta al maestro una lettera più risentita che a discepolo non