Penetrali avanzarmi, in cui si cela 45Della ridente madre dei colori
Il settemplice raggio, che dai sogni
Cartesiani deterso, alto rifulse
In riva del Tamigi. Ah questo lascia
Basso soggiorno dei mortali, e teco 50Scorgimi là sopra i robusti vanni,
Ove dei Cieli per gl’immensi spazi
Intorno all’almo fiammeggiante Sole
Il Planetario stuol si aggira, e splende;
Ch’io sdegno il tergo del Destrier pennuto, 55Che la fonte Pimplea d’un calcio aperse;
E teco tratto oltre le vie dei nembi
Più glorioso al ciel sia che mi levi
Del bel Frigio Garzone oltre i frondosi
Colli dell’Ida dall’adunco rostro 60Del fulvo augel ministro all’ira eterna
Tratto alla mensa dei celesti Numi
A ministrar ambrosia al sommo Giove,
Ah quegli ardui sentieri a te negati,
E ignoti a te non son. Tu negli estesi 65Campi d’Egitto, e di Caldea sedendo
Fra i numerosi greggi, e fra i pastori
Fanciulla ancora, e di rozzezza ingombra
La prima volta al cielo il desioso
Sguardo volgesti, e dei lucenti globi 70Il vario aspetto meditando, e il corso,
Sceser dai Cieli le stagioni, e l’anno
Sopra la terra ad alternar; e il tempo,
Il tempo edace ebbe misura e legge,
Nè inosservato più nel vasto grembo