Ma in petto ancora un bel desìo ti ardea
D’ergerti alfin su vigorose piume
Oltre la bassa terra, ed agli erranti 140Astri levarti, e spaziar pel Cielo;
E ben per lungo variar d’etadi
Ti pascesti di speme; allor che surse
Quei, che indurar poteo repente i cieli
In solido cristallo, e i tuoi sperati 145Voli tra sfere, ed Epicicli involse.
Fra la speme, e il timore incerta erravi
Pur non oppressa ancora, ancor augusta
Diva ricinta di serena luce;
Allor che il fier barbarico torrente 150Precipitò dagl’Iperborei monti,
E Italia, e Grecia ruinoso corse.
Innanzi alla Vandalica, alla Gota
Rabbia, che strinse la scomposta chioma
Della tremante maestà Latina 155Pallide tacquer le scienze, e l’arti,
E tu con esse, ahi misera! giacesti
Oppressa al suolo, e tue gravi sentenze
Un tenebroso turbine rapìo.
Stupido sul quadrante, e sul compasso 160Il Barbaro arrestossi, ed i fanciulli
Fer de’ lor giochi, e de’ lor scherzi obbietto
Le arcane geometriche figure.
Dal Goto caos alfine emersa alzasti
Fra gli Arabi la fronte, e in voce allora 165Barbarica stridesti. In riva al Reno
Te poi trasse la regia aura seconda
Dei Federighi. Il biondo Tago, e l’Arno