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la vallata, del resto, rigurgita di frutta meravigliose; come la Cornucopia. Le nostre pattuglie avanzate che perlustrano la riva, talvolta a pochi metri dalle trincee e dalle vedette austriache, si fermano a coglierle, sbucciarle e mangiarle allegramente, come se il nemico fosse a cento miglia di distanza e non gettasse ad ogni momento i suoi razzi illuminanti e i fasci di luce dei suoi riflettori. Anzi dinanzi al pericolo le frutta sembrano anche più saporite, e si gustano col piacere di commettere la più faceta monelleria del mondo.

Il villaggio è dunque molto grazioso e pittoresco, roba da idilli di Teocrito, da egloghe virgiliane, da pastorali del Guarino, ma, ahimè, non c’è una casa che non sia sventrata dalle granate austriache. Il paese è stato bombardato, poco tempo prima che arrivassimo noi, e molte case ridotte a mucchi informi di macerie annerite, qualche cosa di simile alle case di Messina, come le vidi nel dicembre del 1908. Del resto quel bombardamento fu un inutile sfoggio di crudeltà bravacciona, secondo lo stile idiota dei nostri avversari. Le sole vittime di quella prodezza furono due poveri muli,