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Forza. Auguri. Buona fortuna. Ci rivedremo a Trieste. Viva l’Italia! — Una bella risata argentina, e via, col cuore gonfio di baldanza.

Già la vita di caserma favorisce molto le amicizie rapide e le simpatie altrettanto repentine quanto calde, sincere; poichè l’amicizia avvezza ad essere schietti, cordiali e spicciativi, ma in guerra questa bella facoltà, questo senso di solidarietà e di fratellanza sono, a dir poco, centuplicati. L’uniforme ci rammenta che siamo uguali e chiamati ad adempiere lo stesso dovere, votati fino alla morte alla stessa causa, ma il trovarci in terra di conquista, in terra guerreggiata, esposti a un pericolo comune, ci fa vedere nel commilitone, nel compagno, nell’amico, il fratello, colui che domani potrà cadere al nostro fianco, che potrà sorreggerci ferito e barcollante, che potrà porgerci con voce affievolita e raccogliere dal nostro labbro con cuore devoto un’ultima parola di saluto alla vita, alla patria, ai cari lontani. Come affratella la guerra! Come apre il cuore! Ci insegna ad essere amorevoli, fiduciosi, franchi, espansivi. Con la sua terribile e fierissima eloquenza