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diana, col nostro zaino in ispalla, per un sentiero ripido e serpeggiante, dietro a una guida che doveva condurci al Comando di brigata. Abbiamo.varcato l’antico confine sui sassi di un ridicolo torrentello. Non si potrebbe immaginare un confine più irragionevole, arbitrario, pazzesco, indifeso. Non era nulla più che un imbelle e modestissimo confine amministrativo, del quale ci dovemmo accontentare alla pace di Villafranca. Requiescat in pace. Adesso, grazie a Dio, ce ne stiamo guadagnando uno migliore. Con una specie di voluttà altera abbiamo calpestato il suolo verde delle nostre terre nuove, le terre del nostro diritto sacrosanto e della nostra futura sicurezza e salvaguardia. Forza e avanti. Il terreno ha cominciato a salire, e in breve hanno cominciato ad aprirsi al nostro sguardo le chiostre dei nostri bei contrafforti alpini, al di là dei quali si slanciavano al cielo i grandi picchi nevosi dove si è svolta la lotta formidabile dei nostri alpini. Siamo saliti per un sentiero sassoso e ripidissimo, dal quale son passate nei primi giorni molte batterie di grosso calibro, tirate da cordate di centinaia di sol-