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nota | 373 |
uni e strillando gli altri come anime dannate. Altro che la Frusta del Baretti! Voi non trattate la frusta ma la folgore. Oh, se vedeste la laida smorfia che fanno cadendo i poveri fulminati! L’altro dí, alla veglia del Balbo, parlavasi del vostro libro, e gli uomini municipali mordevanlo come cani rabbiosi. Il Balbo li lasciò dire: poi, girando uno sguardo sulla brigata, esclamò: — Tutto vero, ma non è men vero che il gigante vale tutti noi, poveri nani! — So che il Cavour approva in generale le vostre sentenze e sorride a molti de’ vostri giudizi. Il D[abormida] è furioso; e mi dicono ch’egli si proponga di muovervi querela per diffamazione dinanzi ai tribunali»[1]. L’opera anzi ebbe un lettore augusto, che non soleva di certo leggere libri di filosofi. «Siete taumaturgo. Voi faceste leggere due grossi volumi a un personaggio che non ama troppo la lettura. Non vi nomino il personaggio: dovete indovinarlo. E non solo, mi dicono, egli ha letto il vostro libro, ma lo ha in piú luoghi commentato: un doppio miracolo. In generale il libro gli piacque, e gli piacquero sopra tutto i capitoli quarto e quinto del secondo volume, dove trattasi dell’Egemonia piemontese. Dice che avete ragione, e soggiunse: — L’autore mi tratta bene, ma io non sono ancora morto...; — alludendo al severo giudizio da voi pronunciato contro Carlo Alberto»[2].
Ma a voler proseguire in questo elenco di lettori piú o meno illustri, ci sarebbe da fare un libro grosso quanto il Rinnovamento. Dunque punto e basta. Giacché delle polemiche, cui esso dette luogo, discorreremo un’altra volta nella Nota al volume in cui ci proponiamo di raccoglierle.
- ↑ Lett. del Pallavicino del 25 nov., in Maineri, p. 173.
- ↑ Lett. del Pallavicino del 3 dec., in Maineri, p. 176.