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incaricameli? perché non farne nemmen loro parola? La cosa era tanto piú ovvia, che due di essi andavano al campo per un altro effetto: perché dunque non affidare loro eziandio l’affare del luogotenente? perché spedire a tal fine il conte di Revel e il professore Merlo, a cui la faccenda non si atteneva in modo veruno e che non avevano alcuna cagione di andare a Vigevano? Stupí non meno il vedere che questi due signori rivelassero spontaneamente al pubblico un procedere cosi poco conforme alle regole del nostro statuto; onde se ne conchiuse (almeno dai piú oculati) che l’articolo del luogotenente non era che una coperta e un pretesto, e che il vero scopo della gita fu quello di cui la Concordia fece menzione.

Che tale in effetto sia stato l’intento dei due viaggiatori, io

10 intesi pochi giorni dopo dalla propria bocca del professore

Merlo; il quale mi disse espressamente che egli e il conte di Revel erano iti al campo per esporre al re le ragioni che consigliavano la pace e che doveano indirizzare il ministero vicino a succedere, onde contrapporle alle ragioni che in favore della guerra sarebbero state allegate dal conte Casati e da me nel rassegnare la

carica fra le mani del principe. Ora, dopo tal confessione a voce del professore Merlo (della quale mi fo garante nel modo piú solenne sull’onor mio), che si vuol pensare della sua lettera? S’egli fosse un altro uomo, si dovria credere che abbia mentito; ma siccome il presupposto troppo ripugna alla sua indole, si vuole inferire che quando soscrisse il foglio stampato aveva posto in obblio

11 vero motivo della sua corsa. Or se egli ai 2S di agosto si era

scordato delle cose da sé fatte nel 7 e nell’8 dello stesso mese,

che meraviglia se oggi piú non si rammenta del suo primo programma e dei discorsi passati nei principi del suo governo? Non sará dunque temerario il conchiudere dalle cose dette che la ritentiva del professore Felice Merlo non è felicissima nelle cose ministeriali.

Io tacqui nel mio scritto sui Due programmi di questo fatterello, per non allontanarmi dalla riserva e delicatezza che m’era proposta. Ora ne fo menzione, costretto dalla leggerezza degli avversari, ai quali ricorderò ancora una volta che usino prudenza e non mi costringano a dir tutto, potendo raccogliere dall’avvenuto che la loro causa non è precisamente come quella d’Italia, e che una savia ritirata è piú conforme ai loro interessi^che il rinnovare la guerra.