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Ma benché questo non abbia avuto effetto, tuttavia quanto si è fatto nel biennio del Risorgimento italiano e lo statuto piemontese, che ne è l’unico avanzo, ebbero origine dall’entratura di Pio nono. Né questi avrebbe cominciato se non fosse stato indotto e quasi rapito a farlo dal quadro ideale che io feci del pontificato cristiano, rappresentandolo come la base ed il centro del nostro riscatto e raccogliendo per magnificarlo tutte le memorie del passato e le speranze dell’avvenire. Le apologie rimesse e temperate del Balbo non erano una spinta bastevole all’impresa; e le critiche severe dell’Azeglio, se fossero state sole, l’avrebbero piuttosto impedita che favoreggiata.

Io non ho mai creduto che sia difetto nelle opere politiche l’essere «speculativo» e il «vagheggiare i principi astratti», tale essendo stato il costume di tutti i grandi, da Platone sino al Romagnosi. Imperocché ogni dottrina pratica ha mestieri di una base speculativa che la sostenga, né si dá speculazione senza astrazioni. Ben si richiede che gli astratti si fondino nei concreti e le idee speculative non si scompagnino dal reale dei fatti e della storia; e anche per questo rispetto io non credo di meritar biasimo. Imperocché la parte filosofica delle mie scritture, non che pregiudicare alla pratica, mi ha servito a determinarne i confini e le leggi con una precisione che poscia venne autorizzata e confermata dagli eventi. Né per altro alcuni ristrinsero o troppo allargarono il Risorgimento italiano, se non per aver proceduto all’empirica e trasandati i principi scientifici che doveano governarlo. La dottrina del primato italiano è il fondamento dell’italianitá, e la trascurala di questa dote essenzialissima partorí quasi tutti gli errori dei municipali e dei puritani. Tanto è pericoloso in politica il voler camminare senza la scorta della scienza e colla sola guida del senso volgare o comune.

Io non so che cosa intenda il signor Gualterio per quelle «combinazioni politiche» che mi appone di aver trascurato. Se per esse accenna al particolare assetto della lega, degli statuti, degli ordini civili, io credo dell’averle pretermesso meritar lode, non riprensione; perché l’entrare in si fatte determinazioni prima del tempo è inopportuno, anzi ridicolo. Nelle opere di apparecchio non si dee uscire dai generali, come io feci discorrendo largamente di nazionalitá, di confederazione, di riforme, di monarchia consultativa inviata alla rappresentativa, esimili; perché il modo speciale di porre in essere tali cose dipende dai futuri accidenti