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I
di alcune critiche del signor gualtierio
Questo scrittore muove contro il mio Primato parecchie critiche, ad alcune delle quali avea giá risposto quattro anni sono1. In prima egli trova che il mio libro «non è scevro di utopie, è troppo speculativo, esagera il principio astratto da me vagheggiato e tien poco conto delle politiche combinazioni e degl’interessi materiali». Laonde egli giudica che «io volessi lasciare il campo ad altri pratici scrittori, ad uomini anche piú esperti nella scienza politica e nell’uso degli affari»!2. Se io ebbi tale espettazione, convien dire che sia stata delusa; poiché i piú celebri dei «pratici scrittori» che mi tennero dietro, non che migliorare il mio concetto, lo svisarono piú o meno con grave danno; e gli uomini che governarono il Piemonte non si mostrarono molto «esperti nell’uso degli affari e nella scienza politica», se si dee giudicar dagli effetti. Non vi ha alcuno di essi che abbia avuta esatta cognizione dei tempi e previdenza dei casi probabili, e quindi non abbia errato nelle politiche operazioni. Io non ho nulla da rimproverarmi per questi rispetti. Il mio solo torto fu di troppo condiscendere a un’antica amicizia, se giá il signor Gualterio non ci aggiunge quello di aver troppo creduto alla parola di re Carlo Alberto. Nel mio Primato non si trova utopia di sorta, poiché la dittatura pontificale ci è lodata come acconcia alle condizioni dei bassi tempi, inopportuna ed assurda nell’etá moderna. Non cosí l’arbitrato, il quale sarebbe stato possibilissimo, solo che il pontefice non avesse lasciata la via presa nel quarantasette. Se Pio nono fosse ito innanzi allo stesso modo in questi tre anni, chi non vede ch’ei sarebbe oggi, per l’autoritá del nome, del grado, dell’esempio, della religione, arbitro morale e civile di Europa?