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conveniente il restituir comizi che ampliare gli scettri e le corone. Non dico che tutti questi discorsi sieno fondati, avendo l’occhio alle condizioni nostre, perché l’appoggio di un’Italia improvvisata a repubblica sarebbe ottimo, purché durasse; di che può avere i suoi dubbi chi conosce i termini presenti della penisola. Ma questi non sono molto noti ai politici di oltralpe, e i fatti recenti e le disposizioni correnti (come vedremo fra poco) rendono grandemente probabile, se non certo, il presupposto di cui ragiono. Salvo che l’Austria si opponesse facendone caso di guerra, e la Francia cedesse o fosse perditrice. Ma se quella non può opporsi o è disfatta, sussiste la mia ipotesi; e verificandosi l’ultima supposizione, il Piemonte si troverebbe verso la repubblica francese in uno stato simile a quello a cui fu ridotto verso il fine del passato secolo.

Ora qual sará la sorte del Piemonte e dell’altra Italia con una repubblica al pelo e nel centro, instituita o, dir vogliamo, risuscitata (che è tutt’uno) dalla Francia, posta sotto il suo patrocinio e difesa dalle sue armi? La risposta non può esser dubbia per chi non si pasce di frasche e di apparenze. L’Italia, in vece di acquistare la sua autonomia, diverrá una provincia francese, qualunque sieno per essere le dimostrazioni, le promesse, i patti, i vocaboli: sará indipendente di partita, ma serva in effetto. Il Piemonte poi in particolare perderá colla signoria di se stesso lo statuto e il principato; o questo gli avvenga per lenta e vergognosa consunzione come nell’etá scorsa, o per un impeto di battaglia. Il solo modo di salvezza che potria avere sarebbe se, lasciando di essere uno Stato secondario, si pareggiasse a quelli che tengono in Europa il primo grado di potenza. Ma come operare questo miracolo? colla leva esterna, mediante l’egemonia piemontese. Imperocché il primo apparecchio di questa risedendo in un giusto esercito d’intorno a centomila uomini, che possa facilmente montare a cenciquanta nel caso di guerra viva, è chiaro che una milizia di tal fatta, ben disciplinata e fornita a dovizia di tutti i corredi necessari al buon esito delle fazioni, conferirebbe al Piemonte un’autoritá di cui oggi non ha pure il vestigio. Vero è che ciò