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prorompere. E siccome è naturale che la parte sia attratta dal tutto, il popolo tira i soldati e non viceversa; e laddove non si è mai veduto che un popolo maturo alla libertá se la intenda co’ suoi oppressori, l’esperienza universale insegna che gli eserciti usciti dalla plebe tosto o tardi ritornano alla plebe e diventano nazionali. Tanto che essi sono ai governi retrivi di rischio non meno che di sicurezza; e per contro ai popoli longanimi, che aspettano il benefizio del tempo, piú di speranza che di pericolo, essendo, se non l’aiuto presente, la schiera di riserva e di riscossa per l’avvenire. Oltre che, quando sono smisurati, non possono durare a lungo per l’enorme spesa; e se i popoli indugiano, i principi sono costretti a disarmare o a fallire. Per ultimo gli eserciti provano riuniti e non dispersi, sui campi e non fra le mura delle cittá e delle ville; dove le armi, la disciplina, gli ordini militari dovendo ubbidire al luogo, i soldati hanno poco o nessun vantaggio dai cittadini. Ora le guerre democratiche non sono da Stato a Stato ma da governo a popolo, non sono esterne ma civili, non campali ma urbane: e siccome la democrazia è diffusa per due terzi di Europa, le sue mosse somigliano a quei fuochi sotterranei, che sprizzano ad un’ora in piú luoghi e sfogano per molte bocche; per modo che le forze nemiche, essendo costrette a dispergersi, riescono tanto piú deboli e inabili a vincere. Per la qual cosa una guerra generale nel senso antico non è oggi probabile, perché tali guerre hanno luogo quando i popoli quietano e gli Stati soli gareggiano fra di loro. E se ai potentati venisse il ticchio di assaggiare questo rimedio (giacché non vi ha insania di cui non sieno capaci), esso accelererebbe probabilmente la loro rovina; quando una guerra universale si trarrebbe dietro una rivoluzione • universale, e ne accrescerebbe l’impeto, il vigore, l’efficacia.

Le probabilitá che risultano dallo stato presente delle cose sono adunque favorevoli alla democrazia, la quale non ha da temere altro nemico che se medesima. La democrazia uccide , se stessa quando in demagogia si trasforma; perché questa, non essendo guidata dall’ingegno e dal senno, precipita necessariamente in mille errori ed eccessi che sono la sua ruina. Ora