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cose» (0, questo nasce appunto dall’essersi ella ritirata dalla vita pubblica e civile e divenuta il negozio accademico o il passatempo di pochi oziosi.

Il Rinnovamento italiano dovendo essere democratico, anche la letteratura dee partecipare di questo carattere e venire indirizzata al bene del popolo. Il che non vuol dire che debba andarsene tutta nei diari o nei libri popolari, perché, secondo l’avvertenza giá ripetuta piú volte, l’idea democratica si altera se si disgiunge dalle sue compagne. L’ingegno e la nazione sono il nativo ricompimento della plebe, la quale non può essere civile se non è nazionale, cioè unita colle altre classi, e progressiva, cioè guidata dall’ ingegno e informata di gentilezza. Similmente la letteratura non può essere veramente democratica, se non ha per fondamento quella scienza ed erudizione superiore, che è privilegio di pochi, ma che è pur necessaria a nudrire ed accrescere le lettere popolari. Non può essere democratica, se anco le scritture che sono indirizzate al culto del ceto umile non hanno bontá e squisitezza per l’impronta del genio patrio, la scelta accurata dei pensieri e delle materie, la semplicitá elegante dell’elocuzione. S’ingannano pertanto coloro che stimano utili a instruire il popolo certi fogli o libri abborracciati in fretta, scritti alla barbara, senza giudizio nelle cose e buon gusto nelle immagini, negli affetti, nelle parole; e che considerano questa sorta di componimenti come una faccenda spedita, mediante quella filosofia volgare e cosmopolitica, che non ricerca né finezza d’ ingegno nei componitori né il marchio proprio della nazione. Egli è per avventura piu difficile lo scriver buoni libri pel popolo che per li dotti, dovendosi al pregio intrinseco delle cose che si dicono aggiungere l’accorgimento della scelta e il magistero di accomodarle alla capacitá del volgo. Perciò nessuna nazione moderna è ricca di tali scritture, e noi ne siamo poveri oltremodo. Io non conosco fra i nostri classici alcuno scrittore di prosa che meriti da ogni parte il titolo di «popolare», salvo

(1) Epistolario , t. I, p. 223.