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dismettere lo studio degli altri tempi, perché, siccome la lingua italiana è per molti rispetti comune a tutte le provincie, cosi è perpetua in tutti i secoli moderni della penisola, tanto che il ristringerne la parte scritta ai trecentisti è come il ridurne la porzione parlata alle fiorentinitá e ai toscanesimi, senza far conto delle dovizie che, diventando favella nobile e nazionale, ella trasse di mano in mano dal culto ingegnoso di tutta Italia. Il che sarebbe veramente in grammatica tanto superstizioso quanto nella teologia cattolica il derivare la tradizione dalla sola Roma o dai soli primi secoli, rannicchiando tutta la Chiesa negli apostoli secondo l’uso dei protestanti, o nel papa secondo il costume dei gesuiti. Prossimo al Trecento per la bontá, ma non pari, è il Cinquecento; e ha seco a comune questa prerogativa: che tutti o quasi tutti ci scrissero italianamente. Lode che giá non può darsi al Secento e meno ancora al Quattrocento, al Settecento e all’Ottocento; nei quali il numero dei buoni scrittori sottostá di gran lunga a quello dei cattivi, anzi dei pessimi, in cui è spenta ogni vena e fattezza nativa della lingua patria.

Il nervo e il fondamento della lingua e dello stile è la prosa, la quale sola è universale e primitiva (ò, ed è in rispetto dèi versi ciò che è il tutto riguardo alla parte, il principale all’accessorio, l’albero al fiore. La lingua poetica è un rivolo della prosastica, cui Paolo Paciaudi, maestro dell’ Alfieri, chiamava «la nutrice del verso» ( 1 2 3 ); e però il Giordani consiglia di «premettere al tentar la poesia un lungo esercizio di prosare» (3). All’uso invalso presso molti di attendere allo stile poetico e di trascurare i prosatori, come se i versi abbiano mestieri di studio, ma alla sciolta orazione si possa dar opera senza apparecchi, io attribuisco non solo la carestia corrente di buoni poeti ma in parte ancora la declinazione della lingua in universale. D’altra parte, benché il numero dei nostri prosatori insigni che per puritá ed eleganza di elocuzione hanno o meritano il nome di

(1) Elio Aristide, In Serap.\ e Paolo Courier, Prèf. d’une traci, nouv. d’Hèrod.

(2) Alfieri, Vita, iv, 1.

(3) Epistolario del Leopardi, t. 11, pp. 2S3.